Altare della patria

Ferruccio Parazzoli
 

Con il romanzo di Ferruccio Parazzoli il Saggiatore inaugura la sua prima serie di narrativa italiana. Roma, anno del Signore 1978. Nel cuore della città eterna si consuma una sfida impensabile, che soltanto le scritture sacre o la letteratura tentano di raccontare. In una sfida all’Ok Corral più vertiginoso, Dio e Satana si fronteggiano come è sempre accaduto – scommettendo sugli umani. A interpretare il ruolo che fu di Giobbe, con opportune variazioni e aggiornamenti sconcertanti, Paolo VI e Aldo Moro. Sono sagome gemelle nella lotta contro il Male, anime incarnate in corpi smunti, una sul trono spirituale e l’altra caduta dal trono temporale. Uno è il vicario di Cristo e l’altro è il vicario di Cesare.

FERRUCCIO PARAZZOLI, ALTARE DELLA PATRIA, IL SAGGIATORE

Aldo Moro, rapito, chiede l’aiuto del Santo Padre, che non riesce a scongiurarne l’esecuzione e finisce con il celebrare i funerali dell’uomo politico che in lui aveva confidato. Come nei miti che diedero impulso alle tragedie classiche, si conosce tutto della storia a cui si va ad assistere, ma si resta perturbati da come viene narrata. Satana prova a incrinare la fede assoluta di due personaggi altrettanto assoluti in location impossibili: la cupola di San Pietro e l’Altare della Patria. In questa danza macabra, che Ferruccio Parazzoli registra con il contegno dello scriba, si scatena un vortice di apparizioni e fantasmi. Incubi della storia, nomi altolocati e leggende urbane sono convocati per via medianica a comporre la vicenda italiana: Romano Prodi a una seduta spiritica, le Brigate Rosse nel loro covo, Giulio Andreotti che profetizza, la Democrazia cristiana e la storia tutta, che sfugge dalla mano guantata di Paolo VI e da quella ingiallita di Aldo Moro. Riprendendo ed estendendo la narrazione di Adesso viene la notte, Ferruccio Parazzoli compone un atlante del male in cui Città di Dio e Città terrena collassano una nell’altra. Western metafisico, romanzo storico, parabola sapienziale, sceneggiatura per un film irrealizzabile – la forma dell’oggetto narrativo nel nostro tempo è un libro magro e terribile, capace di interrogarci nuovamente sulle ragioni del cielo e i fondamenti della terra.
QUI Vanity Fair

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