Semina il vento

Alessandro Perissinotto
 

"Un libro splendido in sé, che fa star male i lettori sensibili alla grande imprecisione che ha la vita", PAOLO CONTE

Forse è stato il caso o forse l’amore a condurre Giacomo Musso, maestro di trentacinque anni, al Braccio 6, nel reparto di massima sicurezza di un carcere del Nord Italia. Sulle labbra, la dichiarazione di innocenza; tra le mani, il giornale che ritrae in prima pagina il corpo senza vita di sua moglie.

ALESSANDRO PERISSINOTTO, SEMINA IL VENTO, PIEMME

Su consiglio del proprio avvocato, Giacomo decide di raccontare la propria vicenda, l’inevitabile serie di eventi che lo ha condotto in quella cella. E così torna all’epoca in cui, per riuscire a sopravvivere a Parigi, alternava il lavoro di curatore di mostre per bambini, a quello di cameriere. Era in quel periodo che aveva conosciuto Shirin. Non l’aveva trovata subito bella, almeno non nel senso consueto del termine; era stato attratto piuttosto dalla storia che i suoi occhi sembravano celare, da quel profondo distacco verso chi le stava accanto, come se per lei la vita vera fosse altrove. Ci sono amori che iniziano all’improvviso, con notti memorabili, il loro invece era nato con la lentezza inesorabile delle cose fatte per durare. L’innamoramento, il matrimonio e poi la decisione che avrebbe cambiato le loro vite per sempre: lasciare Parigi per trasferirsi a Molini, sulle montagne piemontesi, nel paese dove lui era nato. Lontano dalla frenesia della Capitale, tra le vecchie case di pietra e i rituali semplici di un posto che pareva essere rimasto indenne al trascorrere del tempo, Giacomo aveva rinsaldato il legame con la propria tradizione e Shirin aveva trovato una terra in cui far crescere quelle radici che le erano sempre mancate, quelle radici che i suoi genitori avevano reciso fuggendo dall’Iran e dalla rivoluzione islamica. Ma nessun luogo è al riparo dal vento dell’odio, dal fanatismo delle religioni, dall’arroganza del potere, dall’intolleranza strisciante. Così il paradiso aveva cominciato a scivolare verso l’inferno, prima piano, poi sempre più rapidamente, fino ad arrestarsi lì, in quella cella, con il tormento del ricordo d’un amore reso perfetto dalla morte. QUI La Stampa TTL, QUI il Corriere della Sera, QUI la Repubblica

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